A tax reduction for the private equity industry

It the news of the day: in the Italian Official Gazette published the end of April 2017, containing Decree n. 50/2017, a strong novelty has been provided for the private equity industry.
Article 60 of the said Decree regulates the taxation of the so-called “carried interest”, i.e. the performance remuneration paid to investment fund managers that, in addition to certain thresholds, is disinvesting.
Today, these additional incomes, which commonly correspond to a 15 to 20% share of capital gain, are considered by the Italian Tax Authority as incomes from labor, so they are taxed at a higher rate, namely 45%.
If the new Decree will be passed as it is, the carried interest will instead be treated as capital income and the rate would fall to 26%, aligning Italy with other EU countries and the United States.
This is a 19% tax decrease that aims to make Italy more attractive for private equity funds, in particular for such players leaving London after the Brexit.

Requirements needed to qualify the performance remuneration as a “carried interest” are:

  1. Total Investment for Employees and directors must result in an effective disbursement at least equal to 1% of (i) the net asset value (in case of companies or institutions) or (ii) the total investment subscribed (in case of collective investment funds).
  2. Remuneration of such investments are accrued only after that all shareholders or stakeholders in collective investment finds have (i) received an amount equal to their investments plus the so called “hurdle rate” or (ii) realized a compensation for the sale of their investments at least equal to their investments plus the so called “hurdle rate”, if a change of control occurs.
  3. The shares or such other financial instruments must be held by directors or employees at least (i) for 5 years from the investment date, or, if earlier, (ii) until a change of control occurs.

More information when the Decree will be enacted.

Contacts:

Federico Casiraghi, Partner BCMS
f.casiraghi@bcmslaw.it
Michele Marocchi, Partner BCMS
m.marocchi@bcmslaw.it

Nutrizione e salute: dal 1 aprile in vigore le nuove sanzioni

In attuazione della delega prevista dall’art. 2 della L. 154/2014 (Legge di delegazione europea 2013), il 17 marzo 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.lgs. 7 febbraio 2017, n. 27 recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al Regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20/12/2006 (“Regolamento Claims“), relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari.

1. Violazioni in materia di indicazioni nutrizionali e sulla salute.

Il decreto legislativo, in vigore dal 1° aprile 2017, si compone di quindici articoli.
Le sanzioni in esso previste hanno carattere amministrativo pecuniario, salvo che il fatto non costituisca reato (art. 3). Inoltre, in caso di reiterazione specifica delle violazioni indicate dal decreto, è prevista la possibilità di irrogare la sanzione accessoria della sospensione dell’abilitazione all’attività, e ciò per una durata variabile da un minimo di dieci ad un massimo di venti giorni lavorativi (art. 12).
Con riferimento alla gravità della sanzione, invece, si ravvisa una maggiore severità nel caso di violazioni in materia di disposizioni sulle indicazioni sulla salute rispetto alle violazioni inerenti le prescrizioni sulle indicazioni nutrizionali. Di seguito, alcuni esempi:
L’impiego nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità degli alimenti di indicazioni nutrizionali o sulla salute che diano adito a dubbi sulla sicurezza o sull’adeguatezza nutrizionale di altri alimenti o che incoraggiano o tollerino il consumo eccessivo di un elemento è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 3.000 ad euro 30.000, se l’indicazione è sulla salute e da euro 2.000 ad euro 20.000, se l’indicazione è nutrizionale (art. 3).
L’apposizione di un’indicazione nutrizionale o sulla salute sulle confezioni di bevande contenenti più dell’1,2% in volume di alcol è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5.000 ad euro 20.000, se l’indicazione è sulla salute e da euro 3.000 ad euro 10.000, se l’indicazione è nutrizionale (art. 4).
Altri articoli, invece, sanzionano comportamenti irregolari che violano specificamente alcune disposizioni nutrizionali o in materia di salute. Questi alcuni esempi:
Art 7: sanzione amministrativa pecuniaria da € 2.000 a € 16.000 per la mancata apposizione dell’etichettatura nutrizionale degli alimenti per i quali tale etichettatura è richiesta;
Art. 9: sanzione amministrativa pecuniaria da € 3.000 a € 12.000 per l’utilizzo in etichetta di indicazioni nutrizionali comparative;
Art. 10: sanzione amministrativa pecuniaria da € 6.000 a € 24.000 per l’utilizzo in etichetta di indicazioni sulla salute non incluse negli elenchi delle indicazioni autorizzate (per approfondimenti si veda il sito dell’EFSA).

2. Competenza sanzionatoria.

Pur essendo fatte salve le attribuzioni dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), come previste dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145 e dal Codice del Consumo (art. 1), l’art. 2 del D.lgs. 27/2017 identifica, quali autorità competenti ai fini dell’applicazione del decreto, il Ministero della Salute, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e le aziende sanitarie locali secondo gli ambiti di rispettiva competenza.
Il decreto legislativo disegna un sistema in cui la competenza a reprimere le violazioni del Regolamento Claims spetta dunque ad una pluralità di soggetti, ciò comportando, per gli operatori del settore alimentare, evidenti ricadute in termini di certezza giuridica.
Non chiari appaiono, inoltre, i criteri di riparto della competenza tra le diverse autorità: l’AGCM, infatti, continua ad essere competente della procedura sanzionatoria delle violazioni del Regolamento Claims che integrano pratiche commerciali scorrette o casi di pubblicità ingannevole nei confronti dei consumatori; ciò è quanto emerge non solo dalla lettura dell’art. 2, ma anche dall’analisi dell’art. 3 del D.lgs. 27/2017, contenente la disciplina sanzionatoria per la violazione degli obblighi generali in materia di indicazioni nutrizionali e sulla salute.
La norma, infatti, nel sanzionare le indicazioni di cui all’art. 3, comma 2 lett. b) e c) del Regolamento (indicazioni che danno adito a dubbi sulla sicurezza e/o sull’adeguatezza nutrizionale di altri alimenti e che incoraggiano o tollerano il consumo eccessivo di un alimento) non menziona le indicazioni di cui alla lett. a) (indicazioni false, ambigue e fuorvianti), che restano, pertanto, di competenza dell’AGCM.
Infine, se la presenza, o l’assenza, della caratteristica della decettività dell’indicazione nutrizionale, e/o sulla salute, si conferma essere il criterio discriminante per il riparto della competenza tra AGCM e le altre autorità menzionate all’interno dell’articolo 2, l’applicazione pratica dello stesso non appare altrettanto pacifica. Infatti, molti degli illeciti individuati all’interno del decreto come fattispecie autonome, sono stati valutati in passato come elementi volti a contribuire complessivamente all’ingannevolezza della comunicazione trasmessa al consumatore. Ne consegue che una medesima condotta (es. mancato rispetto delle condizioni per l’utilizzo delle indicazioni sulla salute autorizzate) rischia non solo di essere sanzionata più volte, ma anche di generare decisioni plurime e potenzialmente contrapposte.

Contatti:

Federico Casiraghi, Partner BCMS
f.casiraghi@bcmslaw.it
Martina Patti, Associate BCMS
m.patti@bcmslaw.it